giovedì 26 novembre 2015

(Mississippi) Sweet Potato Pie e "Grazie"







































Era il 1623 quando, ad un paio d'anni dallo sbarco degli sprovveduti Pellegrini, i tapini si accorsero che, forse, i tanto cari semi delle coltivazioni natie sul suolo straniero avevano deciso di non collaborare e non fosse stato per lo spirito caritatevole dei Nativi (che in tutta sta storia non verrà mai ricordato abbastanza!) e l'innocente Tacchino che fino a poco prima se la spassava allegramente becchettando le praterie: 1) dei Pellegrini sarebbe rimasta solo la Pelle, 2) i Nativi e il signor Tacchino starebbero meglio (ma questo, ahimè, è un lungo e inappropriato approfondimento da corredare ad una ricetta) e 3) oggi, dopo quasi 400 anni, oltreoceano non si festeggerebbe il Thanksgiving Day.
A questo punto si potrebbe ricordarsi la propria italianità, fare un passetto indietro e chiedersi: "E che mi frega del Ringraziamento?"
In realtà potrei liquidare in fretta dicendo che tutto il mondo è paese "basta che se magna", ma visto che mi diverto a farcire (come il Tacchino?) i miei post con pensieri più o meno sensati, dirò che tutto sommato, di tutta questa storia, la vera morale a parer mio è che non si ringrazia mai abbastanza.
Non si ringraziano i Nativi per la loro generosità mai ripagata, non si ringrazia il Tacchino per farsi farcire ogni anno come una zampogna in svariati modi senza proferir parol...emh gluglu, non si ringraziano i milioni di africani deportati senza i quali probabilmente torte come questa non sarebbero mai state sfornate, diventando dolci immancabili del periodo delle feste, soprattutto nei territori del sud.
Si danno per scontate troppe cose, come se fosse tutto dovuto, fino ad arrivare a non dare il giusto spazio ad un semplice e doveroso "grazie".
Non penso ci sia un modo giusto o fuori luogo per dirlo e forse è una delle poche parole che non rischia di perdere la sua forza abusandone.
Quindi...
...Grazie ai mercoledì sera che dopo 3 giorni di sveglie all'alba mi ricordano che esiste anche il riposo. 
Grazie al caminetto del mio bar preferito che questa settimana ha deciso di sorprendermi acceso dando immediatamente senso al lunedì mattina. 
Grazie ai cornetti al miele, al ginseng e al cappuccino. 
Grazie a mamma che nell'ultimo pacco mi ha mandato un meraviglioso thermos che mi accompagna nei lunghi tragitti. Quindi grazie al tè del thermos. 
Alle Poste Italiane un po' meno visto che una semplice busta ci ha messo 10 giorni per farsi Verona-Roma, ma grazie che almeno alla fine è arrivata. 
Grazie ai vicini di casa che da qualche tempo si adoprano come cavie dei miei esperimenti da forno. Grazie ai piccoli supermercati biologici d'elite perchè una testona come me solo là poteva trovare le patate dolci arancioni e non le più comuni bianche solo per poter dire "l'ho fatta con le patate giuste, anche se hanno lo stesso sapore, ma l'occhio vuole la sua parte". 
Grazie alle caldarrostate di casa mia, senza le quali nemmeno avrei mai mangiato le patate dolci, quindi figuriamoci pensare di cercare la ricetta della pie. 
Grazie ai dolcissimi bonbon allo sciroppo d'acero, dono dal Canada di un ex allievo, ritrovati improvvisamente in dispensa e perfetti sulla superficie calda della torta,
Grazie ad ognuno di voi che si sciroppa tutto ciò che scrivo come in questo post.
Non ho farcito tacchini (non ancora) ma vi lascio, dopo la classica pumpkin pie, questa dolce ricetta, che sa di Mississippi, di Jazz e pie americane in cui poter affondare direttamente la forchetta. 
E delle spezie che io più adoro per annunciarci il periodo di feste alle porte.

Ah...e grazie alla redazione di Sale&Pepe che ha deciso nel numero di dicembre di farmi comparire in un trafiletto dedicato ai foodblogger!



Ingredienti:
pasta brisè (n.b.: la tradizionale viene detta 3-2-1, per la proporzione tra farina, grasso e acqua. Io ho un po' ridotto il burro come per la pumkin pie)
  • 200 gr di farina
  • 100 gr di burro salato
  • 1 cucchiaio di zucchero di canna
  • acqua fredda 
ripieno
  • 700 gr di patate dolci
  • 100 gr di zucchero di canna
  • 2 uova
  • 120-150 ml di panna
  • 2 cucchiaini di cannella
  • 1 cucchiaino di zenzero in polvere
  • 1/4 di cucchiaino di noce moscata
  • succo di mezzo limone
Mescolate la farina con un cucchiaio di zucchero e sbriciolateci il burro freddo tagliato a pezzetti. Impastate abbastanza velocemente con qualche cucchiaio di acqua fredda, create un panetto, avvolgetelo nella pellicola e fate riposare almeno 30 min.
Cuocete in acqua bollente le patate (ancora meglio al vapore), pelatele ancora calde e scacciatele molto bene aiutandovi con la forchetta fino ad ottenere una purea. Aggiungete lo zucchero, le spezie e il succo di mezzo limone, quindi le uova. Incorporate la panna un po' per volta.
Stendete la pasta a 2-3 millimetri e rivestite una tortiera con la cerniera o, come ho preferito io, una di alluminio con i bordi alti di 23-25 cm di diametro. Bucherellate con i rebbi e riempite con la purea.
Cuocete 10 min a 180° e poi a 160° per 45-50 min. Se dovesse risultare ancora troppo bianca sul fondo vi consiglio di tenerla ancora un po' nel forno sul ripiano più basso.
Servite tiepida con della panna montata e se vi piace una spolverata di cannella.



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